Inno alle fanfaluche

Mi barcameno anche stamani - deo gratia -
tra virus e batteri che i biologi dicono alberghino
in me di nascosto in quantità miliardarie.

Si barcamenano anche loro ma non faranno granché
finché ne troveranno altri miliardi residenti che li
prederanno in un giubileo senza pietà né misericordia
anche se qualche danno lo vengono facendo sempre più.

Sono io, dunque, una massa caotica di anticorpi?
Che vincano l’insieme degli uni o degli altri non fa
differenza, quelli che rimangono sono della stessa razza
di quelli che spariscono, e salvo qualche contrito parente
nessuno si accorgerà del giubilo dei vincitori.

Strattòno ancora i miei neuroni pidocchiosi
per sbattersi le sinapsi come meglio credono,
come il martellamento sismico tra edifici contigui,
in quella caldera flegrea che è la mia cucuzza canuta
dopo lo sprofondamento del cratere dei sentimenti
nel magma delle passioni della vita.
(lunedì, 25 aprile 2016)

Decadence, Monsieur ... Decadence

L'ortofrutta Peppino, quello oltre il calzolaio,
dopo Natale dice che starà a casa.
Anche quattro edicole di giornali
hanno chiuso a dicembre per asfissia.
Le ghiande delle roverelle di Piazza Bassi
sono beccate con nervosismo dai piccioni,
lo spazzino comunale non passa più da mesi.
Le foglie secche e le cartacce
sono padrone dei marciapiedi e i bidoni
della differenziata sono rovesciati
da tempo davanti a Banca Marche,
come arredi urbani pazienti della ripresa
e indicatori della crisi anche nell'uso e getta.
Anche l'assenza di Bengalesi, Marocchini e Polacchi
davanti al Carrefour sono un brutto segno.
La verve dei vecchietti in affari perenni
a Piazza Roma è diventata messianica attesa
di un'improbabile pensione da rottamati.
Anche la mia penna tira il fiatone
in questo Natale stanco e senza bancarelle.
Mentre io sto in un cantuccio arcaico
che è la caldera delle mie sinapsi.
(martedì 22 gennaio 2016 - Omaggio a Vladimir Vysotsky, La caccia ai lupi,
qui trovi le parole)

Non c'è posto per pisciare qui

Ti sei fatto la tana su misura
scorfano d'un presuntuoso parassita
e l'hai riempita di birilocchi.

Ora ti toccherà crepare anche a te
e lascerai tutto lì che i tuoi spolperanno
come miele caduto dal cielo.

Sarai mangiato da grossi bacherozzi
e non ci sarà nessuno a proteggerti,
poi, satolli, creperanno anche loro.

Per mancanza di tutto, sotto un coperchio
zincato e saldato a stagno
come il sarcofago di un imperatore decaduto.

L'umido degli scoli corromperà legno e stagno
nella calma del tempo, che tu voglia
oppure no, aumentando l'entropia.

E se non ti avranno sloggiato prima
nell'ossario comunale, tutto ti crollerà
con i calcinacci marcio addosso.

Vento polvere e, prima, gli sterpi
oblieranno nei secoli quel posto
senza traccia del tuo passaggio
terreno e tanto meno celeste.
(martedì 6 ottobre 2015)

Piccioni e senatori al sole

Non c'era già più la vecchia grassa con le caviglie gonfie,
solo pedoni in diagonale e tangenti alla fontana dei cavalli,
neanche i piccioni, che se ne stavano sui tetti al sole.

Il furgone Sicurpol esitava tra i vecchietti numerosi,
al tribunale, poi, solo signorine su tacchi a spillo con borse e faldoni.
Un cane spaurito segue la traccia olfattiva del suo padrone sciagurato.

Quattro negozi alla moda hanno chiuso sotto la Galleria Dorica,
eppure dai suoi 2 millenni e mezzo è ancora viva, sulle colline però,
dove i Piceni guardavano al sicuro le manovre del naviglio greco.

Non un barbone stamani, neanche Umbertino, andato da tempo,
neanche Giannino, che ha venduto la bancarella del corso,
ora che è senatore della Repubblica al sole e pensieroso.

Un ordine in declino nella senilità urbana che ha scialato finora.
(sabato 18 genneio 2014)

La mota del tempo

Non ho calendari prima di Ghiberti
appesi alle pareti delle mie mura di forati,
non li reggerebbero, e sono andati in cantina.
L'orologio al polso, poi, non risale a prima di ieri.
Eppure è in cantina che rovisto
per avere una scansione accettabile del passato
alla ricerca di una frase, di un detto, di una ricetta
da cucina o di una prescrizione agronomica.
Mi sento più nelle cose di cantina che dopo,
ne gusto il fascino, la mia curiosità,
nell'argilloso suolo di Eraclito
che gli sciamani sarmati educarono.
E' come un crivello di cantiere la mia mente,
che trattiene l'inutile che tutti gettano.
E così del dopo Ghiberti mi rimangono
quelle perle che i maiali risputano come rospi.
Quella miscela si fa colore e sostanza
e prende struttura col tempo della canutaggine.
Non passa ora che non mi rivolto di qua o di là
per reggere insieme una collana maestra
che m'inebria ogni giorno di luce allegra.
(martedì 24 dicembre 2013)

Otto volante con traballo

Fa un otto attorno alla fontana dei cavalli
la vecchia grassa con le caviglie gonfie
poi m'attacca bottone con simpatia.

Dice che una volta al mese fa un week-end di tre giorni fuori,
che da giovane era ballerina capace e rispettata a Civitanova,
che ancora scopa tutte le settimane col marito, il terzo.

Spero si tolga anche le buste di plastica
che porta come canottiera aggiunta
e che la birra non la scaldi troppo.

Poi mi da la mano con simpatia e riparte traballando
col suo fagotto di buste di plastica piene di buste di plastica.
E mi lascia a meditare se ho visto un fantasma a Piazza Roma.
(mercoledì 2 ottobre 2013)

Batteri

Mi manca Babbo. Direte voi: poca cosa!
C'est la vie, monsieur!
Ma vederlo mangiare dai batteri,
allo stomaco, al fegato, alla milza,
senza poter fare granché
né io né i medici, ... c'est la vie, monsieur.
Guardava a raggiera ogni tanto tacendo.
Minuscoli, invisibili batteri
che mangiano un'omone com'era lui!
E mangeranno tutti.
anche i rispettosi jainisti.
Ce n'est que la vie, monsierur!
(domenica 1° settembre 2013)