E' scomparso sul corridoio dietro la valigia e i passeggeri, dietro un'ombra,
e con lui il treno oltre la curva della frana con bottiglietta d'acqua.
Poi il silenzio dello sferragliare s'è fermato alle 13 e 28.
Tornerà tra due anni, come altre volte, con la vita imbagagliata nel trolley.
Arriverà per le scale ansimando, mi verrà un pensiero.
Un manifesto, le scarpe andate, le cassette dei film, la sedia rotta,
qualche Barthes e Calvino sul parquet, non c'era posto: evito rogne a Malpensa.
M'affaccio e c'è da rifare il letto come l'esistenza di sé.
Anche il minestrone è così duro che lo pesto con la forchetta e a pugni,
non s'ammorbidisce, non entra, dice che la stenosi è più del solito.
Passano ore e gli uccelli cantano che ancora il parco è abbuiato di nebbia,
si fa tardi anche stasera per niente.
(28 gennaio 2012)
Ciò di cui si può parlare non è ciò che è. C'è dell'altro sotto le crepe scure ... bellezza !
Cercare
Cerco ciò che non c'è alla Feltrinelli.
Un odore, un passaggio, l'ombra lunga di mezzogiorno.
Anche dal tabaccaio scompigliato guardo bene oltre il banco.
Un piccione mi starnazza davanti, vorrebbe delle briciole,
ma il big-mac l'ho già ingoiato in piedi.
Non mi dicono qui se l'infinito che cerco sta di là o di qua.
Non l'hanno visto, e sono meravigliati che qualcuno ne chieda.
Ci accompagna l'ombra sul fianco sinistro,
e così la strada è più gelida, sprizza tramontana e la morte.
Musil, Chateaubriand ? Sono morti anche loro come toccherà a me.
Non ci saranno sconti, non ne cerco, ho sempre pagato il prezzo.
Non darò battaglia alla morte. E chi se ne frega ! Venga pure.
Non mi ghiaccia a pensarci e non m'incuriosisce, la vedo e non mi monto la testa.
Intorno si fa il vuoto. Vanno a pranzo e ne tornano altri a stomaco pieno.
I palazzi bombardati sono stati rifatti allora, ed è già ora di ribombardarli.
Così avremo tutti la merda alle pupille, e da essa nascerà qualche cosa,
anche se s'allargherà il mattatoio della storia.
Guardo in giro, ma non c'è alcuno che conosco cui far leggere queste righe
senza darmi del matto a stomaco vuoto.
(21 gennaio 2012, a Piazza Roma)
Un odore, un passaggio, l'ombra lunga di mezzogiorno.
Anche dal tabaccaio scompigliato guardo bene oltre il banco.
Un piccione mi starnazza davanti, vorrebbe delle briciole,
ma il big-mac l'ho già ingoiato in piedi.
Non mi dicono qui se l'infinito che cerco sta di là o di qua.
Non l'hanno visto, e sono meravigliati che qualcuno ne chieda.
Ci accompagna l'ombra sul fianco sinistro,
e così la strada è più gelida, sprizza tramontana e la morte.
Musil, Chateaubriand ? Sono morti anche loro come toccherà a me.
Non ci saranno sconti, non ne cerco, ho sempre pagato il prezzo.
Non darò battaglia alla morte. E chi se ne frega ! Venga pure.
Non mi ghiaccia a pensarci e non m'incuriosisce, la vedo e non mi monto la testa.
Intorno si fa il vuoto. Vanno a pranzo e ne tornano altri a stomaco pieno.
I palazzi bombardati sono stati rifatti allora, ed è già ora di ribombardarli.
Così avremo tutti la merda alle pupille, e da essa nascerà qualche cosa,
anche se s'allargherà il mattatoio della storia.
Guardo in giro, ma non c'è alcuno che conosco cui far leggere queste righe
senza darmi del matto a stomaco vuoto.
(21 gennaio 2012, a Piazza Roma)
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