La mota del tempo

Non ho calendari prima di Ghiberti
appesi alle pareti delle mie mura di forati,
non li reggerebbero, e sono andati in cantina.
L'orologio al polso, poi, non risale a prima di ieri.
Eppure è in cantina che rovisto
per avere una scansione accettabile del passato
alla ricerca di una frase, di un detto, di una ricetta
da cucina o di una prescrizione agronomica.
Mi sento più nelle cose di cantina che dopo,
ne gusto il fascino, la mia curiosità,
nell'argilloso suolo di Eraclito
che gli sciamani sarmati educarono.
E' come un crivello di cantiere la mia mente,
che trattiene l'inutile che tutti gettano.
E così del dopo Ghiberti mi rimangono
quelle perle che i maiali risputano come rospi.
Quella miscela si fa colore e sostanza
e prende struttura col tempo della canutaggine.
Non passa ora che non mi rivolto di qua o di là
per reggere insieme una collana maestra
che m'inebria ogni giorno di luce allegra.
(martedì 24 dicembre 2013)

Otto volante con traballo

Fa un otto attorno alla fontana dei cavalli
la vecchia grassa con le caviglie gonfie
poi m'attacca bottone con simpatia.

Dice che una volta al mese fa un week-end di tre giorni fuori,
che da giovane era ballerina capace e rispettata a Civitanova,
che ancora scopa tutte le settimane col marito, il terzo.

Spero si tolga anche le buste di plastica
che porta come canottiera aggiunta
e che la birra non la scaldi troppo.

Poi mi da la mano con simpatia e riparte traballando
col suo fagotto di buste di plastica piene di buste di plastica.
E mi lascia a meditare se ho visto un fantasma a Piazza Roma.
(mercoledì 2 ottobre 2013)

Batteri

Mi manca Babbo. Direte voi: poca cosa!
C'est la vie, monsieur!
Ma vederlo mangiare dai batteri,
allo stomaco, al fegato, alla milza,
senza poter fare granché
né io né i medici, ... c'est la vie, monsieur.
Guardava a raggiera ogni tanto tacendo.
Minuscoli, invisibili batteri
che mangiano un'omone com'era lui!
E mangeranno tutti.
anche i rispettosi jainisti.
Ce n'est que la vie, monsierur!
(domenica 1° settembre 2013)

La passeggiata del solleone

Ho visto i piccioni di piazza Roma
beccare la fibra di cocco offerta
dalla vecchia con le buste di plastica
attorcigliate addosso e le caviglie gonfie
che inveiva a non so chi in una lingua
senza suono e arida come i sassi di
una massicciata non ancora assestata.
Erano 24 che beccavano senza pace.
Due se ne stavano più in là accovacciati
al sole sulla pietra d'istria a spulciarsi
le ali e il petto. Un altro pareva morto.

In discesa sul corso, accanto al Vanvitelli
il Superfast s'ingrossa a ogni passo
e meno di quello, flotta come un rospo
in ambiente secco ma con la lingua
in avanti e il motore acceso.
Fruscia ancora quest'arietta leggera,
impensabile a casa mia, e fruscia anche
il pensiero di una partenza clandestina
verso Igoumenitsa per vedere i vecchi ulivi
e le scorrazzate del giugno 2004
prima della tempesta stupefacente
che ci ha travolto come vecchi legni
sul bagnasciuga appena sei mesi dopo.

Vorrei fare una foto ma non vedo
cose interessanti se non il vigilante
della sbarra del porto che fuma col collega
all'ombra della Banca d'Italia.
Quella motoretta ha le gomme ancora buone
ma la sella è screpolata dal sole e
c'e una leggera puzza di benzina che sfiuta
dal tappo del serbatoio assolato.
Anche il baretto all'angolo di Piazza Cavour,
verso gli archi, come me ha chiuso per esaurimento.
(martedi 30 luglio 2013)

Quadrilogia dell'orcio etilico

Sceso di culla, Alifo Balnai, nella senigallietta stanca
e dalla rotonda procace ma erosa,
supplica e scongiura per i suoi compagnucci
della parrocchietta col fiasco all'anca.

Vuole guidare il perticaro perché sia suo,
e lo giura, pape satan pape satan aleppe,
da garibaldino della ruffianata si muove

felpando l'aria come l'acaro il lercio,
pennicando nelle retrovie dell'istruzione
e saltando le barricate da destra e sinistra.
-

Come un natural prospetto per la dirigenza
dove fedifrago s'avvia, grufola vanverando ebbro
alla papessa Giovanna che lo fascina
come un istrione a fiasco vuoto.

Porco lui stesso col fiasco alto in mano
getta come scartine le narcotiche perle
all'altro porco ch'el riceve prono e in piano.

Non ha copyright ma rode come un copybara
quelli degli altri elevandosi - luì memé - oltre il porcile
mentre pretende per gli altri un sobrio avvio alla bara.
-

Sul nasone a uncino fiorentino tutto era detto
ma ci mise il suo di nasone, come il cinghiale,
e divenne ... dantista nell'orto di casa sul Misa,
lui col fiasco in mano osannando i compagnucci.

Algebrista della comoda delibera
ha l'occhio sornione e ruffiano del caso
e sgarretta sdegnato e altero chi lo contraddice.

Ansia da prestazione neuronica - sentenzia lo sciamano -
e lo manda al manicomio, a curarsi l'ebete cranio
che col fiasco in mente vaneggia presenziando il collegio.
-

Si congeda dal consesso a pane salame e vino,
quello dei bottiglioni da 5 litri - per risparmio ... certo! -
e non batte ciglio allo storcere dei nasi femminili,
come lo schizogonico con cisti nell'encefalo.

Passa dal marasma congenito all'atarassico fiasco
nel volgere di una colazione di lavoro all'artistico.
Pape satan pape satan, chi meglio di me?

Codicologo del nasone fiorentino incassa prebende
all'ombra della rotonda, rifilando sòle a mitraglietta,
dai polli del municipio ammirati a naso in su.
(Lunedi 21 luglio 2013)

Vocabolario Accademia Della Crusca

Senza niente

Fronde allegre, ma fronde e al vento.
Il tronco non oscilla che appena.
La brezza di marzo è duplice, calda e fredda.
Io sono la, sotto terra, come le radici all'oscuro del vento,
a succhiare linfa impercettibile che non vuole nessuno,
dal profondo degli inferi miei
che si atteggiano nell'eternità vuota
e irripetibile dei non sensi, pure al lunedì.
(martedi 19 marzo 2013, Omaggio a nessuno)

Senza nome

Frusciàva, frusciàva, e come frusciàva!
Sembrava un vecchio ruffiano sul fianco destro,
poi si rigirava sul sinistro e frusciàva ancora
come un assassino maniaco in cerca della preda.
Non so se fosse necessaria la sua esistenza,
se ne poteva fare a meno ... ma tant'è!
Nello scatto subitaneo dell'istante non c'era
e sembrava di parlare di una cosa imprendibile,
inafferrabile come la luna quando dormi.
Eppure sui libri di storia c'era, sempre al passato,
con qualche flash per impaginare il futuro.
Ora ... non so se è così ma trent'anni sono andati
dopo i primi trenta. Me ne aspettano altri trenta,
o una frazione, e seppure infinitesima
è lì davanti ai miei occhi, nel mio stomaco,
come un complicato menù per la cena di stasera,
due patate lesse con pane, acqua e un mandarino.
(martedi 19 febbraio 2013, Omaggio a Sant'Agostino)

Che luce oggi !

Che bella giornata di luce brillante, filtrata solo
dal parabrezza impolverato dalla sosta di natale,
una sorpresa dopo la befana, un regalo del cosmo.
Un gabbiano e un piccione vanno appaiati per un pò,
ma ormai il volo si divarica e ognuno segue il suo destino.
Anche il giornalaio ieratico pare rinfrancato e sorride, anzi,
abbozza un sorriso annuendo al monte di nuvole all'orizzonte.
L'erba del parco brilla di rugiada che la brina è all'ora di pranzo.
Non c'è visione qui, e non c'è niente da udire né da toccare.
(lunedi 7 gennaio 2013, ora di merenda)