Avanziamo rinculando a tutta forza dalle 6,28 (col Còrso),
ripiegamento di tovaglietta, salviettine profumate,
rotolone, asciugamano, spazzolino e dentifricio (niente cucchiaio),
e s'insacca il tutto in un borsone (senza rotelle).
Gli abiti scelti per la festa (60° di nozze)
vengono enumerati all'addetto in giacca nera (mancano le mutande),
si fissa l'agenda con l'algebrista in camicia bianca (e cravatta nera).
Ci invitano nel corridoio, ne esce un sarcofago d'acciaio lucido (a rotelle)
che scompare nell'ascensore dovuto (in questi casi).
Si ramazzano giornali vecchi e bottigliette vuote,
uno sguardo a tutto tondo e si ripiega nelle retrovie,
l'ospite ebete è già andato (per accertamenti, dicono),
qui il certo è certezza, il combattimento è concluso.
Non restano che le briciole del tramezzino della sera prima,
sono vistose ma poche, e sparse su area vasta,
ma di quelle, chi se ne fotte!? Chi le noterà mai se non l'addetta?
Chi farebbe un contenzioso o malumore per quattro molliche?
(lunedì 9 luglio 2012 ore 10,00)
Ciò di cui si può parlare non è ciò che è. C'è dell'altro sotto le crepe scure ... bellezza !
La norma liscia e dritta
L'ho sfogliati un pò così, Corsera, Carlino,
l'altro ospite sorride ieratico ed ebete sul seggiolone,
vuole coricarsi ma l'infermiera insiste.
126 non parla, se ascolta non si sa, trema talora,
guarda di sottecchi qua e là,
spalanca il destro ogni tanto poi lo richiude,
niente di speciale, la norma del morire a otto flebo,
lenta s'innesta solenne, mentre le nostre stenosi
non s'arrestano nemmeno con bottiglietta d'acqua.
Puzza tutto qui intorno come ad un parto,
come ad un party dove signore arruffate
abbanfano l'aria miserevole degli estrogeni andati.
Né di venere né di marte, ma neanche di domenica,
non rimane che lunedì per dar principio all'arte.
Si scinde da qui il calcare d'appennino sotto flebo,
placebo erronea e inconsistenti lacci, nulla,
nella loro trasparente inerzia di ammennicoli.
Dice il dottore che il terminale è avanti,
che persiste, che la fibra è forte,
ma il tempo trascorre sornione e ti lustra il naso a mezzogiorno.
Qua fuori parlano solo marocchino e slavo nel solleone,
e aspettano un bacio della sorte, che già è loro generosa.
(domenica 8 luglio 2012, ore 11,50)
l'altro ospite sorride ieratico ed ebete sul seggiolone,
vuole coricarsi ma l'infermiera insiste.
126 non parla, se ascolta non si sa, trema talora,
guarda di sottecchi qua e là,
spalanca il destro ogni tanto poi lo richiude,
niente di speciale, la norma del morire a otto flebo,
lenta s'innesta solenne, mentre le nostre stenosi
non s'arrestano nemmeno con bottiglietta d'acqua.
Puzza tutto qui intorno come ad un parto,
come ad un party dove signore arruffate
abbanfano l'aria miserevole degli estrogeni andati.
Né di venere né di marte, ma neanche di domenica,
non rimane che lunedì per dar principio all'arte.
Si scinde da qui il calcare d'appennino sotto flebo,
placebo erronea e inconsistenti lacci, nulla,
nella loro trasparente inerzia di ammennicoli.
Dice il dottore che il terminale è avanti,
che persiste, che la fibra è forte,
ma il tempo trascorre sornione e ti lustra il naso a mezzogiorno.
Qua fuori parlano solo marocchino e slavo nel solleone,
e aspettano un bacio della sorte, che già è loro generosa.
(domenica 8 luglio 2012, ore 11,50)
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