Una stanza

Era buia la mia stanza oggi quando sono entrato,
non un filo di luce, Neruda di traverso sopra gli altri,
la foto di nonno e bisnonna di piatto,
le infradito estive per la notte sotto al letto.
Ma era buia in modo diverso, troppo netta, inattesa
contro l'aria tersa luminescente a specchio sulla neve,
era buia ad un affetto, ma era lì in attesa di qualcuno
che squarciasse il vuoto per infilarci un altro sogno inutile.
L'ho richiusa piano e perplesso, non sapevo cosa fare.
Era vuota la mia stanza anche del me che era altrove.
C'erano i sogni adolescenti intrisi d'aria scura.
C'erano ancora gli oggetti che sistemo ogni agosto,
e la fantasia, il progetto, la malinconia di ieri e di oggi
e non aspettavano nessuno, sparsi e dimenticati,
ma vivi per conto loro danzavano squinternati
a menarsi pacche sulle spalle e a sfottersi ebbri,
che tanto poi sono già nell'oblio dei secoli,
come di Giandomenico nessuno ricorda.
(6 febbraio 2011)

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