carezzando l'aria calma.
Il tempo era quello che non matura mai e che sfiora i tuoi capelli,
che ti fa socchiudere gli occhi all'ombra dell'infinito.
Anche i nomi avevano fremiti vaghi
e mi marcavano come calciatori incalliti,
e mi marchiavano per un poco di buono.
Arrivò la tempesta e il tronco rimase fermo
mentre i rami se ne andavano d'ogni dove,
e le fronde appassite per l'aria di Ancona
erano la compassione del tramonto.
Del tronco è rimasto un arnese malato
che non scrive più niente alla sera,
mentre i rami e le fronde sono calpestati
per tutto l'inverno da scarponi malvagi.
(28 giugno 2008)
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