Una ventata improvvisa

Una ventata improvvisa m’ha scardinato l’ombrello nuovo,
manico rotto, cupola rovesciata, bacchette distorte, mantella strappata.
C’era pure nelle cose l’accenno del nubifragio imminente,
ma la sorpresa è stata inalienabile e funesta, ... e di schiena.
Mi sono ritrovato in casa con un oggetto diverso tra le mani,
volevo buttarlo alla comunità, volevo azzardarlo a un algebrista. 
Volevo perfino andarmene all’inferno per non vederlo più così ridotto,
per non sentire più l’eco per casa della porta alle sei.
Ed all’alba scrutavo se fosse ancora qui,
se una sola, anche in una sola vena potessi sentire una pulsazione fioca.
Mi sono ristretto fin quasi a scomparire nelle mie spallucce strette,
e ringraziavo non so chi dell’immanenza incredula e pietosa.
Mille giorni in apnea di tutto, mille giorni in apnea d’affetti, d’agio, d’ingiurie
alle nuvole che n’aveano divelto il senso con un tradimento sottinteso.
Giravo come un fantasma alla ricerca di cose che non si sanno,
di cose che ti possano far dormire quando non ti viene il sonno,
di cose che sai che ci sono ma non sai come e dove sono.
L’inutile ricerca s’è aqquietata con l’aqquietarsi delle cose in se,
con le parole stridule di un dormiveglia schivo,
con i pensieri di un sonnambulo grato alle stelle
per non dover sentir l’odor di brasatura da bara.
(28 novembre 2010)
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